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L’esperimento sull’obbedienza all’autorità di Milgram: la banalità del male

• Dott.ssa Francesca Nola

Pubblicato daLe signore del crimine21 agosto 202126 gennaio 2022Pubblicato in: ArticoliLascia un commento su L’esperimento sull’obbedienza all’autorità di Milgram: la banalità del male

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Roberto Succo nacque a Mestre nel 1962. Roberto era figlio di un poliziotto e di una casalinga. Il 12 Aprile 1981 dopo un litigio con la madre prese un coltello, colpì la donna con 32 coltellate e spostò il corpo nella vasca da bagno. Attese poi l'arrivo del padre lo colpì con un'accetta e infine lo soffocò con un sacchetto di nylon. Spostò anche il corpo del padre nella vasca da bagno e ricoprì i cadaveri con l'acqua. Roberto venne trovato dagli inquirenti in una pizzeria in Friuli. In commissariato ammise la sua colpevolezza, e dichiarò di averlo fatto perché la madre non gli voleva più bene e il padre non gli permetteva di usare la sua auto. Succo venne dichiarato infermo di mente e per questo venne internato in un ospedale psichiatrico per 10 anni. Durante la sua permanenza nell'ospedale psichiatrico si iscrisse alla facoltà di Scienze naturali e ottenne delle licenze per frequentare corsi di studio fuori dall'OPG, ma è proprio grazie a queste licenze che Succo riuscì a fuggire. Arrivò in Francia grazie a dei documenti falsi che riportavano il nome di Roberto Zucco ed è qui che riprese ad uccidere. Il 2 Aprile 1987, uccise il brigadiere André Castillo e gli rubò la calibro 9. Il 27 Aprile uccise una ragazza vietnamita che non venne più ritrovata. La stessa sera rapì un vicino di casa della ragazza , il suo corpo venne ritrovato a Ottobre in una casa abbandonata. Nel 1988 Roberto iniziò a frequentare una ragazza e forse proprio per difendere quest'ultima tentò di uccidere il pregiudicato Jacques Volpe, dopodichè uccise il poliziotto Michel Morandin. Fuggì in Svizzera dove in soli due giorni si rese colpevole di rapina, sequestro di persona e violenza sessuale. Ma grazie ai documenti trovati nell'appartamento in Francia gli inquirenti riuscirono a risalire all'identità di Roberto Succo. Succo venne arrestato e dichiarato di nuovo infermo di mente perché affetto da schizofrenia. Venne portato nel carcere di Vicenza dove la mattina del 23 Maggio 1988 le guardie si accorsero che Roberto si era tolto la vita soffocando con un sacchetto di plastica e una bomboletta di gas.
Peter Nirsch è stato un serial killer tedesco che tra il 1575 e il 1581 in Germania, Repubblica Ceca, Boemia e Austria ha lasciato dietro sé una lunga scia di sangue.
Il 7 giugno del 2000, venne rinvenuto in un vicolo a Chiavenna, il corpo di Suor Maria Laura Mainetti, 61 anni. Il corpo era irriconoscibile, il viso sfigurato e il cranio fracassato. Sulla scena del crimine gli inquirenti trovarono a una decina di metri dal cadavere un chiaro simbolo satanico ovvero la raffigurazione di una stella a cinque punte sovrastata da tre numeri sei. Dopo venti giorni di indagini vennero fermate tre ragazze tra i 16 e i 17 anni: Milena De Giambattista, Veronica Pietrobelli ed Ambra Gianasso. Le tre adolescenti confessarano di aver commesso l'omicidio, dichiararono di averlo fatto per onorare Satana e per sfuggire alla monotonia della vita quotidiana. Confessarano inoltre che la loro vittima avrebbe dovuto essere monsongior Ambrogio Ballatti, l'allora parroco di San Lorenzo ma ci ripensarono a causa della corporatura robusta di quest'ultimo che avrebbe reso l'omicidio più difficoltoso ed è per questo che la loro seconda scelta ricadde su Suor Maria Laura Mainetti. Tutte e tre avevano alla spalle una storia familiare di disagio, passavano giornate ad ubriacarsi e sfogavano la loro rabbia in gesti autolesionistici.
Oba Chandler fu un killer statunitense che nel 1989 venne accusato di aver ucciso a sangue freddo 3 donne, una madre assieme alle sue due figlie adolescenti. Sebbene le prove contro di lui fossero schiaccianti, Chandler non smise mai di dichiararsi estraneo ai fatti, tant’è che le sue ultime parole prima dell’esecuzione furono “oggi uccidete un uomo innocente”.
Tsutomu Miyazaki (1962-2008), soprannominato il killer di Otaku o il serial killer delle bambine, è probabilmente il serial killer più famigerato del Giappone sia per la scelta delle giovani vittime, sia per il suo modus operandi.
Ramadan Abdel Mansour fu un serial killer egiziano che tra il 1999 e il 2006 si stima abbia abusato e ucciso circa 32 minori. Noto anche con l’appellativo "al-Tourbini" - che in italiano potremmo tradurre con “treno espresso”, poiché per porre in essere i suoi crimini era solito spostarsi lungo la tratta Alessandria-Il Cairo utilizzando i treni - l’uomo nacque nel 1980 a Tanta e fin da giovanissimo manifestò un’indole violenta, compiendo piccoli atti di vandalismo e abbandonando la casa d’origine per unirsi ad una gang di giovani criminali. Ben presto gli altri gangster gli insegnarono delle piccole strategie criminose volte a garantirgli la sopravvivenza in strada, ma sapevano anche essere molto duri con lui, impartendogli spesso severe punizioni corporali. Il ragazzo pagò presto il prezzo delle proprie scelte azzardate: appena adolescente, venne sodomizzato, picchiato e derubato da un criminale del quartiere che successivamente lo scaraventò dal tetto di un treno, causandogli diverse lesioni che gli comportarono tra le altre cose la perdita dell’uso di una mano, problemi ad un occhio nonché un grave turbamento psicologico. Questo evento segnò profondamente Mansour che non riuscì mai a superare il forte trauma subito; è piuttosto probabile che tale circostanza sia stata la causa scatenante della sua furia omicida. Egli, infatti, raggiunto il diciannovesimo anno di età e conscio della propria prestanza fisica, era totalmente certo di riuscire a sovrastare le sue piccole e deboli vittime, sempre di età compresa tra i 10 e i 14 anni, e per ben 7 anni riservò loro il medesimo trattamento che lui stesso aveva subito. Approfittando della moltitudine di giovani abbandonati o poco sorvegliati che popolavano le strade delle città egiziane, Mansour riusciva facilmente a rapirli per poi picchiarli, abusarli e infine ucciderli gettandoli dai treni in corsa. Per evitare di essere scoperto, spesso l’uomo abbandonava i copri delle sue vittime lungo la ferrovia, a volte seppellendoli ancora vivi, altre lanciandoli direttamente nel Nilo.
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